Dalla superficie della Terra sono visibili ad occhio nudo circa seimila stelle (tremila per emisfero). Ovviamente questa stima si riferisce a località “privilegiate”, con cielo terso e privo di inquinamento luminoso

Dalla superficie della Terra sono visibili ad occhio nudo circa seimila stelle (tremila per emisfero). Ovviamente questa stima si riferisce a località “privilegiate”, con cielo terso e privo di inquinamento luminoso, situazione che diventa sempre più difficile da trovare man mano che passano gli anni. In passato però le cose non stavano così e i nostri antenati ebbero modo (e tempo) di ammirare il cielo senza limitazioni artificiali. Da qui, il passo di cercare di riconoscere, nell’arco dell’anno, quegli oggetti luminosi che li sovrastavano, fu breve. Dapprima “relegandoli” all’interno di figure immaginarie o mitologiche (le costellazioni) e poi assegnando un nome proprio agli astri più luminosi. Nomi spesso legati alla posizione delle stelle all’interno delle singole costellazioni. La maggior parte dei nomi delle stelle deriva dall'arabo (l'astronomia era molto sviluppata nel mondo arabo), ma ci sono alcuni nomi derivati dal latino, dal greco e da altre fonti, tra cui anche l'inglese.

Col passare del tempo e con il miglioramento degli strumenti di osservazione questo metodo però divenne insufficiente e si rese necessario ricorrere ad altri sistemi di classificazione e denominazione e, benché al giorno d’oggi la nomenclatura stellare sia prerogativa dell'International Astronomical Union (Unione Astronomica Internazionale - IAU), molti dei nomi assegnati in passato restano in uso e affiancano le designazioni date in tempi successivi.

Altri nomi, specialmente per le stelle variabili (incluse le novae e le supernovae), vengono continuamente aggiunti. La maggior parte delle stelle poco brillanti, e quasi tutte quelle non visibili a occhio nudo, non hanno nome, e per riferirsi a esse si usano i numeri di catalogo.

Vengono qui riassunti brevemente alcuni dei metodi usati per nominare le stelle.

Nomenclatura di Bayer

Questo sistema, introdotto da Johann Bayer nel suo atlante stellare Uranometria del 1603, è basato sulla luminosità e consiste nell’assegnazione di una lettera greca, seguito dal genitivo latino del nome della costellazione di cui la stella fa parte. Come linea generale, la stella più brillante dovrebbe ricevere il nome di Alpha, la seconda più brillante di Beta, e così via. In pratica, ci sono molti esempi in cui questo ordine non è rispettato, e a volte viene usato il nome di una costellazione sbagliata (almeno secondo i moderni confini delle costellazioni). Due stelle hanno un nome doppio: β Tau (γ Aur) e α And (δ Peg). Nonostante questi difetti, la nomenclatura di Bayer è molto utile ed è ampiamente usata ancora oggi.

Ci sono due modi per scrivere i nomi di Bayer: si può scrivere il nome per esteso, come per esempio Alpha Canis Majoris o Beta Persei, oppure si usa una lettera greca minuscola assieme all'abbreviazione di 3 lettere corrispondente alla costellazione: α CMa o β Per.

Anche se le lettere di Bayer più comuni sono greche, bisogna menzionare il fatto che il sistema è stato esteso con lettere latine (perché quelle greche erano insufficienti), prima minuscole e poi maiuscole. La maggior parte di queste sono poco usate, ma ci sono alcune eccezioni come h Persei (che è in realtà un ammasso aperto) e P Cygni. Occorre inoltre notare che le lettere maiuscole latine non sono mai andate oltre la lettera Q, e che tutti i nomi a partire dalla "R" (come per esempio W Virginis) sono in realtà nomi di stelle variabili.

Un'altra complicazione è l'uso di suffissi numerici per distinguere stelle che hanno la stessa lettera di Bayer. Queste sono in genere stelle doppie (la maggior parte sono doppie apparenti, e non reali), ma ci sono alcune eccezioni come la catena di stelle π1, π2, π3, π4, π5 e π6 Orionis.

Fonte: Wikipedia

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