L'anno bisestile è un anno molto particolare nel quale, come ben sapete, si aggiunge un giorno ogni quattro anni (circa): il 29 febbraio.

Il motivo di questa “aggiunta” è giustificato dal fatto che l’anno solare, ovverossia il tempo che intercorre tra due solstizi identici consecutivi (o due equinozi), non è esattamente di 365 giorni (bensì di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi). Questa discrepanza, che comportò nel tempo uno sfasamento del calendario rispetto alle stagioni, era nota fin dall’antichità, tant’è che un primo tentativo di riallineamento fu fatto già nel 45 a.C.

In tale anno, a causa del caotico computo del tempo derivato da complicati e contorti calendari lunisolari, la situazione era diventata così paradossale che l’equinozio di primavera cadeva in giugno. Fu così che l’allora pontefice massimo di Roma, Giulio Cesare, ordinò una riforma del calendario, forse grazie anche al contatto avuto con l’astronomia dell’Egitto ellenico di Cleopatra.

L’incarico venne affidato agli astronomi dell’impero ed in particolare a Sosigene di Alessandria ed il nuovo calendario, noto ancora oggi con il nome di calendario giuliano, comportò innanzitutto l’aggiunta “una tantum” di ben 90 giorni al 46 a.C. (per riallineare le stagioni) e poi, soprattutto, l’introduzione di un giorno in più, da collocarsi ogni 4 anni il sesto giorno prima delle calende di marzo. Tale giorno (sexto die ante Kalendas Martias) corrispondeva al 24 febbraio e divenne “doppio”, quindi bis sexto. Da qui, la forma italiana di bis sesto… e poi bisestile.

Purtroppo Giulio Cesare non vide la sua creatura in opera, visto che fu assassinato quello stesso anno, e nel tumulto che ne seguì, l’anno bisestile venne osservato in maniera sporadica ed erronea. Fu l’imperatore Augusto a risistemare le cose nell’8 d.C. Non a caso, a questi importanti personaggi sono stati dedicati due mesi del calendario: luglio e agosto.

Questa importante riforma, per quanto abbastanza precisa, si basava però sul presupposto che l’anno solare durasse 365 giorni e 6 ore, quindi circa 11 minuti in più rispetto alla durata reale. Questa differenza, per quanto apparentemente insignificante, col passare dei secoli cominciò a pesare. Gli equinozi e i solstizi avevano preso stavolta ad anticipare, tanto che nel 1582, la primavera iniziò l’11 marzo.

Fu così elaborato il calendario gregoriano, che deve il suo nome a papa Gregorio XIII. Entrò in vigore il 15 ottobre 1582 (corrispondente al 5 ottobre del calendario giuliano), annullando in questo modo il divario di 10 giorni con l’anno solare.

Per evitare ulteriori sfasamenti si decise di NON considerare bisestili tutti gli anni secolari non divisibili per 400 (per esempio gli anni 1600 e 2000 sono stati bisestili, mentre il 1700, 1800 e il 1900 no, come non lo saranno il 2100, il 2200 e il 2300). Così facendo la durata media dell’anno civile si avvicina molto più a quella dell’anno solare arrivando a 365 giorni, 5 ore, 49 minuti e 12 secondi, solo 26 secondi di differenza rispetto all’anno solare (corrispondente a circa 1 giorno ogni 3323 anni).

Nel corso del tempo furono proposti ulteriori aggiustamenti ma, considerato che la lunghezza dell’anno non è costante nel lungo periodo, in quanto l’orbita terrestre modifica lentamente la sua eccentricità a causa dell’interazione gravitazionale con gli altri pianeti, ad oggi si tende a non ricercare modifiche più accurate ma a correggere il computo del tempo mediante l’aggiunta di un secondo, quando la discordanza raggiunge tale valore; le variazioni che tale pratica comporta risultano accettabili per la maggior parte degli usi comuni della unità di misura del tempo.

Una curiosità. La cattiva fama dell’anno bisestile deriverebbe dal fatto che febbraio, per gli antichi romani, era un mese poco allegro, ovvero il mese dei morti (Mensis Feralis), dedicato al rito dei defunti. Questo perché, secondo il calendario arcaico, si trattava dell’ultimo mese prima del nuovo anno, che aveva inizio a marzo. A febbraio si celebravano dunque le Terminalia, dedicate a Termine, dio dei Confini e le Equirie, le gare simbolo della conclusione di un ciclo cosmico, quindi simbolo di morte e di fine.