NAVE ARGO

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La mitica nave che trasportò Giasone e gli Argonauti nel loro viaggio alla ricerca del Vello d'Oro.
Giasone,
secondo la leggenda più generalmente accettata, era figlio di Esone, re
di Iolco, il quale fu cacciato dal fratellastro Pelia, figlio di Tiro e
Poseidone. Allevato dal centauro
Chirone, una volta adulto, Giasone fece ritorno in patria e rivendicò
il suo diritto al potere; allora Pelia gli rispose di portargli il
vello dell'ariete che aveva trasportato Frisso in cielo; era un Vello
d'Oro, consacrato da Eete, re di Colco, ad Ares.
(Secondo
un'altra versione, Giasone avrebbe imposto a sé stesso tale prova.
Quando si presentò, infatti, davanti a Pelia, questi riconobbe in lui
il pericolo preannunciatogli dalla profezia di un oracolo, quindi fece
avvicinare il giovane e gli chiese quale castigo avrebbe imposto ad un
suddito che avesse cospirato contro il suo re. Giasone
rispose che l'avrebbe mandato alla conquista del Vello d'Oro. Risposta
che si rivolse contro di lui, poiché Pelia si affrettò ad
ordinarglielo).
Così, inviato a
cercare il Vello d'Oro, Giasone chiese l'aiuto di Argo, figlio di
Frisso e, su consiglio di Atena, Argo costruì la nave Argo (oltre al nome del suo costruttore, il significato del nome è Rapida), che doveva portare Giasone e gli Argonauti nella Colchide.
Gli
Argonauti erano cinquanta eroi che risposero al proclama di Giasone per
recarsi nella Colchide e, comprendevano, tra gli altri, Argo, Orfeo,
Castore e Polluce (i Gemelli o Dioscuri), Ida, Linceo, Augia e, per una parte del viaggio, anche Eracle.
La
Nave fu costruita e varata a Pagase, in Tessaglia, da Argo con l'aiuto
della dea Atena. Il legno proveniva dal Pelio, salvo il pezzo di prua,
portato dalla dea: era un frammento della quercia sacra di Dodona e,
una volta intagliata, ricevette il dono della parola e della profezia. Numerose
furono le tappe del viaggio, da Lemno all'isola di Cizico, alla Misia,
dove Eracle e Polifemo, attardatisi a cercare l'amico Ila, scomparso in
un lago, furono abbandonati dagli Argonauti. Quindi giunsero nel
paese di Fineo, l'indovino cieco, e lo aiutarono a liberarsi delle
Arpie che lo tormentavano; superarono le Rocce Blu ed arrivarono nel
Mar Nero ed infine giunsero nella Colchide. Qui Giasone spiegò al
re Eete il motivo del suo viaggio e questi si dimostrò ben disposto a
consegnargli il Vello d'Oro a patto che egli aggiogasse, da solo, due
tori dagli zoccoli di bronzo che soffiavano fuoco dalle narici e, con
essi, arasse un campo e seminasse denti di drago. Mentre ancora
Giasone si chiedeva come superare la prova, venne in suo aiuto Medea,
figlia di Eete, che, dopo aver fatto promettere all'eroe di prenderla
in moglie e di portarla con sé in Grecia, gli consegnò un balsamo che
aveva il potere di rendere invulnerabile chiunque se ne fosse spalmato
e gli rivelò che i denti di drago avrebbero fatto nascere un esercito
di uomini armati che avrebbero tentato di ucciderlo. Per
sconfiggerli, Giasone avrebbe dovuto lanciare da lontano una pietra in
mezzo a loro, allora gli uomini si sarebbero scagliati l'uno contro
l'altro accusandosi reciprocamente e sarebbero morti per i loro stessi
colpi. Saputo tutto ciò, per l'eroe fu semplice mettere il giogo
ai tori e con essi arare il campo e seminare; poi, da lontano, lasciò
che gli uomini combattessero tra di loro e, approfittando della loro
distrazione, li massacrò. Ma Eete non mantenne la promessa e cercò
di bruciare la nave Argo e di uccidere l'equipaggio; anche questa volta
Medea venne in aiuto dell'eroe e, con un sortilegio, addormentò il Drago che custodiva il Vello ed insieme fuggirono. Il
re si lanciò all'inseguimento ma Medea, che aveva portato con sé suo
fratello Apsirto, lo uccise e ne disperse le membra, così che il padre,
nella ricerca dei resti del figlio, perse tempo e dovette abbandonare
l'inseguimento.
(Altre
versioni di questo mito dicono che Apsirto, mandato da Eete
all'inseguimento dei fuggitivi, sia stato ucciso a tradimento da
Giasone e Medea).
Comunque sia, l'uccisione di
Apsirto provocò la collera di Zeus che scatenò una tempesta che
allontanò la spedizione dalla sua rotta; a questo punto la Nave parlò e
disse che per placare l'ira del dio, dovevano farsi purificare da Circe. Attraverso
l'Eridano (il Po) ed il Rodano, giunsero nel Mediterraneo fino
all'isola di Eea (la penisola del Circeo, regno della maga Circe,
figlia del Sole e zia di Medea); dopo la purificazione il viaggio
riprese e li portò ad attraversare il Mare delle Sirene, ignorate dagli
eroi grazie alla melodia cantata da Orfeo, quindi lo stretto di
Scilla e Cariddi, poi Corcira (il paese dei Feaci, di cui Alcinoo era
il re). In seguito ad una tempesta furono poi costretti a
trasportare la nave a spalla fino al lago Tritonio e qui, grazie al dio
del lago, Tritone, trovarono uno sbocco verso il mare e ripresero il
viaggio verso Creta. Qui, dovettero difendersi dal mostruoso
guardiano dell'isola, il gigante Talo, su cui Medea ebbe la meglio
grazie ai suoi incantesimi. In seguito vennero immersi in una
notte opaca e misteriosa da cui li salvò Apollo lanciando un dardo
infuocato che indicò loro la rotta da seguire ed infine, finalmente,
giunsero a Iolco, dopo quattro mesi di viaggio. Qui Giasone portò la Nave Argo a Corinto e la consacrò a Poseidone.
Da
qui le tradizioni differiscono. Ora egli regna al posto di Pelia, ora
vive tranquillamente a Iolco, dando a Medea un figlio, Medeio, ora
infine Medea, con i suoi incantesimi, causa la morte di Pelia,
convincendo le figlie a farlo bollire in un paiolo, col pretesto di
ringiovanirlo. In seguito alla morte di Pelia, Medea e Giasone
furono cacciati da Iolco e costretti a rifugiarsi a Corinto, dove
vissero felici per dieci anni. Ma Giasone si stancò di Medea. Si
fidanzò con Glauce, figlia del re Creonte e quindi Medea, per
vendicarsi del tradimento subito, con l'aiuto degli dei, testimoni del
giuramento di fedeltà fattole da Giasone, diffuse nelle vene di Glauce
e Creonte un fuoco violento che provocò anche l'incendio del palazzo
reale, mentre Medea uccideva i due figli avuti da Giasone e fuggiva su
un carro meraviglioso, dono del Sole, che la trasportò in Cielo. Giasone quindi tornò a Iolco e, con l'aiuto di Peleo e dei Dioscuri, scacciò Acasto, figlio di Pelia e saccheggiò la città.
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